Niente addebito della separazione per la moglie gay
I Giudici hanno stabilito che la relazione omosessuale della donna non ha rappresentato una grave violazione dei doveri coniugali nei confronti del marito. Queste le ragioni in breve:
– il tradimento omosex è stata causa ultima (la c.d. “goccia che fa traboccare il vaso”) e non la causa scatenante della rottura matrimoniale. Non è stata ravvisata alcuna “colpa” della moglie (cioè coscienza e volontà), nell’infrangere i doveri del matrimonio. Come emerso dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio, la nuova relazione si era innestata su una più articolata crisi matrimoniale nata da non risolte dinamiche intrapsichiche di ciascuno dei coniugi;
– le modalità del tradimento non sono state oggettivamente irrispettose nei confronti del marito. La moglie, infatti, ha vissuto la relazione all’interno della nuova coppia senza pubblico coming out e quindi senza ledere la reputazione sociale del marito.
Questa sentenza parifica, quindi, il tradimento omosessuale a quello eterosessuale.
Nessuna discriminazione viene fatta nemmeno per quanto riguarda il collocamento dei figli presso la madre, ritenuto non pregiudizievole per la prole.
In ogni caso, allo scopo di tutelare le minori sul piano affettivo, il Tribunale ha ritenuto opportuno imporre alla madre (assolutamente libera di continuare la propria relazione) di evitare la frequentazione tra le figlie e la nuova partner, non ravvisando in quest’ultima una sicura figura di riferimento accuditivo ed educativo.
E infine, per via della “non risolta rigidità del padre ad affrontare la relazione della moglie” e delle “difficoltà di quest’ultima di ‘fare chiarezza’ con le figlie circa il suo rapporto con la signora …” è stata comunque demandata ai Servizi Sociali un’attività di monitoraggio sulle minorenni e la predisposizione di un percorso di sostegno volto (anche) ad individuare tempi e modalità per consentire ai genitori “di ‘preparare’ le figlie alla nuova situazione, affettiva e di coppia, della madre”.