Categoria: Addebito della separazione

I Giudici hanno stabilito che la relazione omosessuale della donna non ha rappresentato una grave violazione dei doveri coniugali nei confronti del marito. Queste le ragioni in breve:

– il tradimento omosex è stata causa ultima (la c.d. “goccia che fa traboccare il vaso”) e non la causa scatenante della rottura matrimoniale. Non è stata ravvisata alcuna “colpa” della moglie (cioè coscienza e volontà), nell’infrangere i doveri del matrimonio. Come emerso dalla relazione del consulente tecnico d’ufficio, la nuova relazione si era innestata su una più articolata crisi matrimoniale nata da non risolte dinamiche intrapsichiche di ciascuno dei coniugi;

– le modalità del tradimento non sono state oggettivamente irrispettose nei confronti del marito. La moglie, infatti, ha vissuto la relazione all’interno della nuova coppia senza pubblico coming out e quindi senza ledere la reputazione sociale del marito.

Questa sentenza parifica, quindi, il tradimento omosessuale a quello eterosessuale.

Nessuna discriminazione viene fatta nemmeno per quanto riguarda il collocamento dei figli presso la madre, ritenuto non pregiudizievole per la prole.

In ogni caso, allo scopo di tutelare le minori sul piano affettivo, il Tribunale ha ritenuto opportuno imporre alla madre (assolutamente libera di continuare la propria relazione) di evitare la frequentazione tra le figlie e la nuova partner, non ravvisando in quest’ultima una sicura figura di riferimento accuditivo ed educativo.

E infine, per via della “non risolta rigidità del padre ad affrontare la relazione della moglie” e delle “difficoltà di quest’ultima di ‘fare chiarezza’ con le figlie circa il suo rapporto con la signora …” è stata comunque demandata ai Servizi Sociali un’attività di monitoraggio sulle minorenni e la predisposizione di un percorso di sostegno volto (anche) ad individuare tempi e modalità per consentire ai genitori “di ‘preparare’ le figlie alla nuova situazione, affettiva e di coppia, della madre”.

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Ho letto l’articolo di Marco Galluzzo e sono rimasta senza parole.
Ma com’è possibile che sia successo davvero?
Il caso: pare (mi riservo il beneficio del dubbio) che ci sia stata, da un lato, una moglie spendacciona ma solo per cose proprie (vestiti, profumi e così via) e, dall’altro, un marito “tolllerante” che ha sempre dovuto vicariare la moglie nella gestione del frigo di casa finchè, a un certo punto, il marito ha deciso che quel ruolo gli stava scomodo e che soprattutto aveva definitivamente compromesso la relazione coniugale. Giungendo così alla separazione dove il Tribunale di Roma ha dichiarato l’addebito a carico della moglie (in gergo colloquiale: separazione per colpa) egoista e spendacciona.
Una nota tecnica si rende necessaria per sviluppare un pensiero.
Se viene pronunciato l’addebito, il coniuge che la subisce perde: (a) il diritto di percepire un contributo al proprio mantenimento e (b) anche i diritti ereditari verso l’altro coniuge.
La pronuncia di addebito si fonda sulla violazione dei doveri che l’articolo 143 del c.c. pone a carico dei coniugi (v. art.143: “Diritti e doveri reciproci dei coniugi. Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.”).
Ovviamente nel procedimento di separazione giudiziale dovrà essere accertato che quella violazione ha assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale.
Nel caso specifico, quindi, da quanto si legge nell’articolo, potremmo supporre che la reiterata mancata assistenza nella gestione della famiglia da parte della donna abbia rappresentato una violazione particolarmente grave dei doveri coniugali che ha determinato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e che è stata causativa della separazione personale di questi coniugi.
Ma stiamo scherzando?
Devo premettere un elemento importantissimo: non ho letto la decisione del Tribunale di Roma, quindi, mi baso (e faccio affidamento) solo sull’articolo del corriere on line. Cercherò comunque la sentenza in rete e poi sicuramente integrerò o farò seguito a questo articolo.
Quindi dicevo: ma stiamo scherzando?
Non posso credere che il Tribunale di Roma abbia addebitato la separazione a una moglie perchè “rea” di aver liquefatto la carta di credito con acquisti frivoli ed esclusivamente per sè mancando, parallelamente, al proprio dovere di svolgere i compiti familiari.
Mi viene in mente una canzone: “Per la tua piccolina / non compri mai balocchi / Mamma, tu compri soltanto profumi per te!”.
Tanti (troppi) sono i miei dubbi.
Perchè il marito faceva sempre la spesa da solo?
Perchè la moglie non ne aveva voglia?
Mi pare talmente strano che faccio fatica a crederci ma non si sa mai, tutto può essere.
A questa stregua potrebbe anche essere che la spesa la facesse il marito perchè gli piace fare la spesa.
Mi chiedo anche se andasse solo in rosticceria (che è l’unico negozio dove l’uomo non protesta) o anche al supermercato.
Tant’è.
Andiamo avanti.
La spesa è convenzionalmente un incombente femminile: non è che, per caso, questo marito avesse deciso di ricompensare l’usurpazione del ruolo permettendo alla moglie lo sfogo di tutti i suoi capricci?
Ad ognuno il proprio capriccio e alla sera tutti felici con i bambini. Forse queste licenze facevano proprio parte dell’equilibrio della coppia, penso io.
Però, poi, quando le cose vanno male tutto si interpreta diversamente e ci si rinfaccia anche quello che un tempo si approvava.
Le mie sono naturalmente riflessioni provocatorie, è ovvio.
Solo quando avrò letto la sentenza del Tribunale potrò fare delle considerazioni puntuali.
Mi viene comunque un dubbio.
Non è che la circostanza della “spesa” e della carta di credito sia stata strumentalmente elaborata da avvocati in gamba fino a stravolgere la realtà dei fatti rappresentati da una interpretazione della dinamica relazionale della coppia fuorviante ma d’effetto?
Battute a parte, aspettiamo di leggere la decisione, poi ne riparliamo.

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